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News - The Polite Warrior

 

 

  L'uomo che si è dimesso dalla vita   Data: 06/09/2009

 

Il suicidio del professore antimafia, lasciato troppo solo (anche dalla
sinistra)


 


Adolfo Parmaliana ha passato anni a
combattere i rapporti perversi tra istituzioni e malavita organizzata in
Sicilia. Per questo è stato emarginato, e quando mandava lettere a Roma, non
rispondeva nessuno. Così ha scritto l'ultima e si è buttato da un viadotto: la
sua estrema sfida politica.


 


Il treno arranca sulla Palermo-Messina, ma a
stridere in testa sono le parole della lettera-testamento del professor
Parmaliana: "la Magistratura barcellonese/messinese vorrebbe mettermi alla
gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho
osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le
connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti
e deviati". Adolfo Parmaliana, poco più di cinquant'anni, figlio di un operaio e
di una levatrice, docente di chimica industriale dell'Università di Messina (tra
i più apprezzati in Italia) era uno dei figli migliori della sinistra siciliana.
Da sempre attivista politico (del Pci prima, dei Ds poi) con il vizio della
legalità, il 2 ottobre scorso, dopo una vita di coraggiose e solitarie
battaglie, si è suicidato lanciandosi nel vuoto da un viadotto dell'autostrada.
A quattro mesi di distanza da una tragedia umana e politica, il silenzio
attorno a questa storia resta imbarazzante. Dopo anni di denunce che
coinvolgevano anche esponenti del suo partito, Parmaliana nel settembre scorso
era stato rinviato a giudizio per diffamazione, con l'accusa di aver diffuso
qualche volantino politico a commento dello scioglimento per mafia del consiglio
comunale del suo paese, Terme Vigliatore, seimila anime in provincia di Messina.
Per lui quel rinvio a giudizio era stato un chiaro segnale dell'inizio di una
rappresaglia. Quel che ha lasciato Parmaliana è un impetuoso atto d'accusa del
sistema di potere che regna in un territorio ignorato dalle cronache e
sottovalutato dalle inchieste giudiziarie. Nella sua ultima denuncia rimarca i
contorni di un agghiacciante corto circuito tra magistratura, politica e
imprenditoria in cui poteri istituzionali, lobby e partiti appaiono legati da
una trama che impasta e appiattisce, tracciando un unico confine: tra chi è
dentro e chi è fuori. Questa fitta rete di relazioni inquinate, ricostruita
negli anni dalle denunce e gli esposti di Parmaliana, è stata infine
scoperchiata da un'indagine dei Carabinieri culminata nell'informativa "Tsunami"
e oggetto, a partire dalla metà del 2005, di tentativi di insabbiamento e
rimbalzi tra le procure di Barcellona Pozzo di Gotto, Messina e Reggio Calabria.
"Quelle carte non finirono mai nelle mani del Giudice per le indagini
preliminari", spiega Fabio Repici, uno dei legali di Parmaliana. "Di fatto non
c'è mai stata archiviazione: è presumibile che il fascicolo sia stato rubricato
tra gli atti non costituenti reato, escamotage che permette al pubblico
ministero di mettere in archivio il fascicolo senza passare dal vaglio del Gip".
Adesso, amici e familiari si dicono certi che l'inchiesta sia tornata sul tavolo
del nuovo procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e fonti
autorevoli assicurano che tra gli indagati ci sarebbe anche Rocco Sisci, capo
della Procura di Barcellona dalla sua costituzione, nel 1993, fino all'agosto
scorso. Una longevità invidiabile, a dispetto di qualche ombra, come i suoi
curiosi rapporti con Giuseppe Donia, personaggio più volte coinvolto in
inchieste di mafia. Da lui il procuratore ricevette in regalo una pistola come
gadget per l'acquisto di una Fiat Panda presso la sua concessionaria d'auto. E
insieme andavano ad esercitarsi nelle campagne di Monforte, evitando i regolari
poligoni di tiro.


 


Da sindaco di Roma, nel 2002, Veltroni aveva
voluto Adolfo Parmaliana come consulente del Comune per le problematiche
ambientali. "Era richiestissimo da Enti, imprese, istituti di ricerca", ricorda
la sua più stretta collaboratrice dell'Università, Anna Caselli. Seduta alla
scrivania di Parmaliana, ci tiene a sottolineare che "il professore passava qui
in dipartimento almeno dieci ore al giorno e riusciva a fare mille cose insieme
con un'energia coinvolgente". A Veltroni Parmaliana scrisse una lettera
accorata. "Ma anche lui è stato sordo alle denunce e agli allarmi lanciati da
mio fratello su quella palude di interessi in cui hanno sguazzato anche pezzi
importanti della magistratura", dice Biagio Parmaliana. Avvocato, lo incontriamo
nel suo studio a Barcellona, dove raccoglie carte e documenti per continuare la
battaglia. "Sacrificherò i prossimi anni della mia vita per fare emergere quella
verità che si vuole nascondere. Adolfo è stato isolato, i principali avversari
li ha avuti proprio nei Ds: nel 2006 fu perfino minacciato e aggredito nel corso
di una direzione provinciale. Informò del fatto l'allora segretario Fassino che
non lo degnò di alcuna attenzione. Anche perché uno dei suoi più frequenti
bersagli era l'attuale segretario del Pd siciliano Francantonio Genovese". Ex
sindaco di Messina, titolare di un macroscopico conflitto d'interessi - sindaco
e socio della principale ditta di trasporti marittimi sulla tratta
Messina-Salerno - nel 2007, in un'intervista all'Espresso, assicurava che nella
sua città "la mafia non c'è, al massimo qualche mela marcia". Per rimarcare i
suoi legami d'affari con la potentissima famiglia Franza, Parmaliana era solito
storpiarne il nome in "Franzantonio".


 


Dentro il partito, l'unico a prendere sul serio i
problemi sollevati da Parmaliana è stato l'ex vicepresidente della Commissione
antimafia, il senatore Beppe Lumia. "La storia di Adolfo conferma che nel
Partito Democratico c'è una questione morale. In Sicilia esiste un sistema di
potere ramificato e capillare con cui la sinistra si è finora confrontata in due
modalità distinte: da una parte un radicalismo minoritario, che porta alla
marginalità e all'isolamento, dall'altra un consociativismo compromissorio, che
finisce per annullare le differenze con gli avversari". Secondo Lumia, uno dei
politici più esposti nella lotta alla mafia ma che ha trovato posto a fatica
nelle liste del nuovo Pd, "in Sicilia dobbiamo avere il coraggio di rivedere la
nostra visione della società e riconoscere che sul rapporto tra legalità e
sviluppo ci giochiamo il futuro. Purtroppo oggi la politica non ha l'energia
necessaria e la questione morale non è un criterio regolativo per la selezione
delle classi dirigenti".


 


Messina, provincia babba. Così si dice
in Sicilia, forse perché da quelle parti di morti ammazzati se ne sono sempre
contati meno che nelle province sperte, la Palermo dei corleonesi o la
Catania dei Santapaola. O forse perché - come insegnano i padrini - al riparo
dai riflettori si intrallazza meglio; l'ombra e il silenzio aiutano a mantenere
salde le redini del potere, a trattare e spartire. E' la grande lezione di Salvo
Lima, che al congresso regionale della Dc nel 1974, battezzò l'imminente intesa
che metteva insieme la corrente di Vito Ciancimino e il Pci proclamando dal
palco che "a pignata av'a bugghiri pi' tutti" ("la pentola deve bollire
per tutti"). Terme Vigliatore è un paesino nei pressi della costa tirrenica, a
pochi chilometri da Barcellona Pozzo di Gotto. Uno di quei luoghi in cui, a
parole, turismo e sviluppo si declinano insieme. Nei fatti, meglio non
avventurarsi sulla ferrovia e scegliere un autobus prima delle sette di sera. E'
quì che Adolfo Parmaliana inizia a fare politica iscrivendosi alla Fgci nei
primi anni ‘80. Da consigliere comunale studia a fondo il funzionamento della
macchina burocratica e capisce che in quegli uffici proliferano relazioni poco
chiare. Sono gli anni in cui sceglie di stare dalla parte della legalità,
impermeabile a quei rapporti molto siciliani che confondono amicizia e
complicità. E' in nome di questa diversità che rompe i rapporti con un
personaggio chiave di questa storia, Bartolo Cipriano, di cui è amico d'infanzia
e padrino di cresima. Democristiano di nascita, poi militante di Alleanza
nazionale, Cipriano è un fedelissimo di Domenico Nania (attuale vicepresidente
del Senato), ma ciò non gli impedisce di passare al Partito popolare prima e
alla Margherita poi, riuscendo a farsi eleggere tre volte sindaco di Terme
Vigliatore e imponendosi come riferimento locale di una lobby che in quel
fazzoletto di terra fa il bello e cattivo tempo: amministra, gestisce e dispone
di uffici e tecnici comunali, disegna piani regolatori e aree artigianali a
misura degli interessi di gruppi imprenditoriali impregnati di collusioni
mafiose. Ed è proprio sul piano regolatore che l'attivismo di Parmaliana
comincia a dar fastidio, quando fonda la locale sezione dei Ds. "Non c'era
delibera di Giunta che Adolfo non studiasse nei minimi dettagli", ricorda Giusy
Genovese, fedelissima compagna di avventure. "Era una spina nel fianco degli
amministratori. Scommetteva sulla trasparenza: rendeva pubblici tutti gli
esposti alla Magistratura e le denunce politiche con volantini e manifesti in
cui le parole chiave erano sempre legalità e questione morale". Un personaggio
scomodo, e poco amato. "La sua integrità era anche un limite nei rapporti
personali e quando si candidò a sindaco nel 2002 fu una cocente delusione".
Parmaliana ottiene infatti meno di ottocento voti. Vinse a mani basse Gennaro
Nicolò, uomo ombra di Cipriano, che era costretto a stare fermo un giro dopo due
mandati consecutivi.


 


E' a partire da quella sconfitta che l'attività
di Parmaliana si fa ancora più intensa. Inizia una crociata contro le illegalità
e le collusioni di politici e amministratori e coglie il suo più grande successo
politico quando, alla fine del 2005, il Comune di Terme Vigliatore viene sciolto
per infiltrazioni mafiose. Un'intera classe politica azzerata da un Decreto del
Presidente della Repubblica che sostanzia anni di impegno politico per la
legalità. Un lavoro certosino e sfiancante, ricostruzioni e denunce mirate che
non trovano però la stessa attenzione dalla magistratura di Barcellona, guidata
dal procuratore Sisci: per gli amministratori neanche un avviso di garanzia.
Eppure, fin da qualche mese prima dello scioglimento del consiglio comunale, il
Comandante dei Carabinieri Domenico Cristaldi, con l'informativa Tsunami, aveva
messo nero su bianco l'intreccio dei poteri che governano e soffocano lo
sviluppo del territorio. E' roba che scotta, perché emergono per la prima volta
le responsabilità e le manovre per ostacolare le indagini, messe in atto dal
procuratore di Messina Franco Cassata e dal sostituto di Barcellona Olindo
Canali. La lettura dell'informativa apre uno squarcio di verità agli occhi di
Parmaliana. Improvvisamente comprende le ragioni dell'eterna impunità di quella
classe politica passata indenne dalle sue denunce e dalle accertate
infiltrazioni mafiose. Canali, che nel tempo ha stabilito con lui un rapporto
confidenziale, è stato fino ad allora il suo punto di riferimento in Procura,
colui che per anni ha ricevuto i suoi esposti e assicurato uno zelo smentito dai
fatti. Il giorno della morte di Parmaliana appariranno su un sito internet
alcune sue considerazioni che lo stesso magistrato chiederà poi di far sparire
per ragioni di opportunità. Le stesse ragioni per cui ha preferito non
rispondere alle nostre domande. Ecco cosa disse, testualmente, quel giorno: "Parmaliana
è lo specchio di quella parte che non volevo vedere, anche se ho fatto il
possibile come magistrato per andare fino in fondo e cercare di capire le sue
denunce. Ogni mattina mi aspettava in ufficio alle 8. Era sempre puntuale e
continuava a pungolarmi con le ipotesi. Mi aggrediva se non gli davo retta. Ma
un magistrato si deve basare su prove e si trova davanti a mille cavilli legali
da cui è difficile uscire fuori. Lui aveva fiducia in me. Mi stimava e mi odiava
allo stesso tempo. Ecco perché ogni giorno lo trovavo in Procura e tante volte
come un martello pneumatico ricominciava con le sue denunce".


 


Dalle carte dell'inchiesta emergono le
intimidazioni del procuratore Cassata nei confronti del pm che coordinava le
indagini, Andrea De Feis. Cassata voleva impedire il deposito agli atti
dell'informativa Tsunami a causa del coinvolgimento di Canali. Interrogato dalla
Procura di Reggio Calabria, De Feis corresse il tiro, parlando solo di
"comportamenti sgradevoli" e "toni intimidatori non diretti". Nel febbraio 2007
De Feis otterrà l'agognato ritorno a casa, con il trasferimento a Macerata. E da
Barcellona viene trasferito anche il Comandante dei carabinieri Cristaldi.
Sembra il contesto di Sciascia: "il potere che sempre più digrada nella
impenetrabile forma di una concatenazione che approssimativamente possiamo dire
mafiosa". E da queste parti non esercita una mafia di seconda fila. Fu il boss
di Barcellona Giuseppe Gullotti a fornire a Giovanni Brusca il telecomando per
la strage di Capaci. "Quello stesso boss iscritto al circolo paramassonico
locale Corda Fratres, animato proprio da Cassata", ricorda Fabio Repici,
avvocato di parte civile dei principali processi di mafia del messinese. "Il
solerte magistrato scoprì di avere un mafioso nel suo circolo solo nel '93,
quando Luciano Violante fece il nome di Gullotti durante un comizio dopo
l'omicidio del giornalista Beppe Alfano (per il quale il boss sta adesso
scontando una condanna all'ergastolo come mandante). Fino ad allora, per il
giudice Cassata, il povero Gullotti era solo lo scemo del paese". Un altro
episodio indimenticabile riguarda il museo etnografico di Barcellona, fondato da
Cassata e beneficiario di sovvenzioni pubbliche dagli stessi enti (comune,
provincia) su cui il procuratore potrebbe potenzialmente indagare. Il Museo
organizza nel 2003 una mostra che vorrebbe simboleggiare la forza distruttrice
della mafia. Arriva da Caltanissetta quel che rimane della macchina degli agenti
di scorta del giudice Falcone, saltata in aria e carbonizzata a Capaci. Tra le
proteste indignate dei parenti delle vittime, qualcuno ironizzerà sulla
rappresentazione della filiera barcellonese, dal telecomando per la strage
all'esposizione delle lamiere contorte.


 


Il resto è storia recente e sembra dimostrare che
nulla è cambiato, se non in peggio. A partire dalla primavera del 2008 la
fiducia di Parmaliana nelle istituzioni crolla: prima la proposta del Csm di
promuovere Cassata a Procuratore generale della Corte di Appello di Messina, poi
le elezioni comunali, le prime dopo lo scioglimento per mafia. Il gruppo di
Parmaliana non riesce neppure a mettere insieme una lista civica, amici e
possibili alleati gli voltano le spalle: "con quello lì mai, non ci si può
discutere". Ma il fatto più inquietante è che quasi la metà del vecchi
consiglieri e l'intramontabile Cipriano, cacciati per infiltrazioni mafiose
neppure tre anni prima, rientrano trionfalmente in Municipio. Parmaliana decide
di non aderire al nascente Partito Democratico. A fine luglio, mentre le sue
denunce ammuffiscono nei cassetti della Procura di Barcellona, la V sezione del
Csm approva la nomina di Cassata a Procuratore generale. A nulla servono le
circostanziate interpellanze parlamentari di Antonio Di Pietro e Beppe Lumia al
Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Il voto del Csm è bipartisan, si
oppone solo Magistratura democratica; i membri laici di sinistra e destra votano
compatti. Parmaliana scrive al suo avvocato di sentirsi impotente, "convinto che
la legalità non vincerà mai. Il sistema si autoalimenta di illegalità,
complicità e complotti. Non ho la minima fiducia in nessun rappresentante
istituzionale. Ne ho incontrati tanti e non sono più disponibile a farmi
buggerare da ipocriti idioti che si vestono di cariche istituzionali per
raggirare la legge o nella migliore delle ipotesi per tirare a campare. Alcuni
mesi addietro mi sono dimesso da siciliano, ora medito di dimettermi da
italiano".

L'epilogo della vicenda si avvicina a settembre, quando al danno si aggiunge la
beffa del rinvio a giudizio per diffamazione. Quella giustizia inerte di fronte
a reati gravissimi si scopre improvvisamente solerte e gli si ritorce contro.
"Uccidersi è stata la sua ultima clamorosa denuncia", Fabio Repici ne è
convinto. "Un gesto mirato a scoperchiare il pentolone del malaffare e le
coperture giudiziarie contro le quali si era sempre battuto. Probabilmente ha
pensato che fosse l'unico modo per evitare il definitivo insabbiamento". Che
Adolfo Parmaliana abbia sacrificato se stesso per continuare la sua battaglia lo
dice anche il fratello: "è vero, nelle ultime settimane era preoccupato e
deluso, però la sua è stata una scelta tragica ma al tempo stesso esemplare". A
Terme Vigliatore adesso è il silenzio. Di questa storia non si parla, come se
ognuno avesse la sua parte di colpa. A smentire i malevoli sussurri su
un'ipotetica depressione sono anche i particolari di una scelta niente affatto
emotiva, bensì meditata e curata nei minimi dettagli. Il 2 ottobre Parmaliana
esce di casa alla solita ora, ma senza le borse da lavoro, lasciando sul
comodino il suo inseparabile orologio e nel suo studio la lettera d'addio. Si
dirige in auto sull'autostrada Palermo-Messina. L'individuazione del luogo non è
casuale, si ferma su un viadotto all'altezza di Patti Marina, territorio che
ricade nella competenza della Procura di Patti. E' una mossa studiata: a
scrivere la storia sulla sua fine non saranno le procure di Barcellona o di
Messina. Un estremo tentativo di sottrarsi allo sfregio dei suoi avversari, quei
rappresentanti delle istituzioni a cui resta il peso di fare i conti con la
morte di un cittadino perbene.


Articolo :
http://www.illume.it/

 

UtenteAutore : tonyluca         Stampa Documento Stampa Articolo

 

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  Piano Regionale di Coordinamento per la Tutela della Qualità dell' Aria : Citati in Giudizio Legambiente Sicilia, la RCS ed altre 5 persone fisiche per diffamazione a mezzo stampa   Data: 13/05/2008

 ......quando si agisce d' impeto o quando si adotta il preconcetto come modus operandi si rischia di perdere la necessaria serenita' e la dovuta oggettività..... Eppure uno dei principi assoluti cui dovrebbe riferirsi chi vuole informare gli altri è la verifica/il riscontro della veridicità/fondatezza dei fatti/degli assunti .

 

UtenteAutore : Adolfo Parmaliana       AllegatoAllegato         Stampa Documento Stampa Articolo

 

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  Benvenuti a tutti   Data: 01/01/2008

  The Polite Warrior : i Suoi dubbi ed i Suoi perché

 

Ho atteso il giorno di Capodanno 2008 per collezionare alcune idee ed alcune riflessioni che spero siano sufficientemente messaggere di un progetto, di una nuova iniziativa. L’umanità ha festeggiato l’arrivo del Terzo Millennio con grande gioia, con una grande speranza di progresso. Purtroppo questi 7 anni trascorsi da quel mitico giorno sono stati caratterizzati da tanti fatti negativi, da tante preoccupazioni: il terrorismo internazionale, i disastri naturali, i cambiamenti meteoclimatici, l’effetto serra, la crisi energetica ed i precari equilibri socio-economici in molte aree del Pianeta. Ma ciò che più mi preoccupa, mi rattrista, mi turba, mi assedia è l’idea che l’inverno dello spirito sia ormai più che una minaccia per gli uomini del Terzo Millennio.

 

Sono preso da tanti dubbi, da tante incertezze, da tante delusioni, da tante amarezze, da tante disillusioni ma comunque continuo a coltivare la speranza che l’uomo possa sempre perseguire un’idea di futuro migliore, un’idea di progresso, un’idea di cambiamento, un’idea di emancipazione culturale, un’idea di libertà, un’idea di riscatto. Questo è il mio stato d’animo a quasi 50 anni, comunista non calvinista, operaio nelle aule universitarie e nei laboratori di ricerca, disseminatore di nozioni scientifiche e di idee di progresso e non docente, attore e lottatore, mai spettatore, di una società che rischia il declino.

 

Per tanto tempo ho creduto che la politica fosse una pratica nobile, uno strumento per costruire futuro, progresso, democrazia e civiltà. A 22 anni mi sono iscritto al PCI, da liceale leggevo Paese Sera, Rinascita e l’Unità, ho pianto a San Giovanni il 13 giugno 1984 ai funerali di Enrico Berlinguer, ho sperato a San Giovanni l’11 Novembre 1994 in un‘Italia senza Berlusconi, ma poi nel tempo ho sperimentato e constatato che la politica è quasi tutta un bluff, un mercato delle tessere, una fiera di accordi trasversali, di inciuci legalizzati, di parodie buffe e di parate ingannevoli.

 

La chiarezza, la legalità, la coerenza e l’etica non sono valori per la politica, piuttosto feticci da invocare alla bisogna in pubbliche manifestazioni o in comizi celebrativi, ma nei fatti tali principi sono ritenuti disvalori giacché essi dividono la persona leale dal mentitore, l’uomo che vive uniformandosi ai principi di legalità dal delinquente e dai suoi protettori, l’uomo che agisce con coerenza dal trasformista, l’uomo probo dallo scaltro senza scrupoli. Ho sperimentato tutto questo in oltre 27 anni di attività politica e partitica: che delusione! Ad aprile 07, delegato al Congresso Regionale dei DS, ho proposto l’adozione di un codice etico per evitare che soggetti condannati e/o rinviati a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione, per peculato, falso in atto pubblico, interessi privati nell’esercizio di pubbliche funzioni o per associazione mafiosa potessero assumere cariche istituzionali o di direzione politica, per risolvere o impedire casi di plateale conflitto di interesse. Il codice etico fu approvato all’umanità, ma, così come dettano le leggi delle lobby che dominano i partiti e le istituzioni, nessuno si è mai peritato di farlo applicare. Eppure ho sollecitato al riguardo il Segretario Regionale dei DS, i Segretari degli altri Partiti dell’Ulivo, tanti Parlamentari Regionali e tra essi l’Onorevole Borsellino, tanti Parlamentari Nazionali ed Europei. Non è accaduto nulla. Motivi di opportunità, diciamo meglio di “opportunismo politico”, hanno impedito di agire o meglio hanno inibito nell’azione coloro che sui giornali si scagliano contro il Deputato o il Senatore che incontra esponenti di primo piano della mafia, magari nell’ ascensore di un albergo. Pazienza, la politica di questi giorni è un mestiere per molti, la politica di Platone, praticata da Sandro Pertini e da Giancarlo Pajetta, era una missione ed uno strumento di rinascita civile. Ma comunque occorre guardare avanti, avremo tanto tempo e tante occasioni per disquisire di politica, ora debbo chiarire le ragioni per le quali the polite warrior, il “guerriero gentiluomo”, ha deciso di lanciare un suo blog nell’universo senza confini della rete WEB. The polite warrior (TPW) vive in Sicilia, non è soddisfatto della Sicilia di oggi, è italiano e non apprezza l’Italia di oggi. Comunque tra il silenzio, l’ignavia, la codardia e le cene pantagrueliche preferisce pensare, dire, fare, far sapere, convinto assertore del principio: Cambia le cose prima che le cose Ti cambino ispirandosi all’assunto   …i Tuoi pensieri, le Tue idee, il Tuo coraggio, le Tue battaglie e le Tue azioni serviranno a cambiare il mondo”.

 

The polite warrior spera di non raccogliere altre delusioni, comunque egli continua a rimanere un comunista al sole, molte volte ”solo” e comunque idealista!

 

Tutto oggi è difficile, complesso, globalizzato ed incerto. Questa condizione caratterizza oggi il Mondo, l’Europa, l’Italia, figuriamoci la Sicilia, la terra del Gattopardo. Da qui vuole partire TPW per tentare di trovare energie positive che possano mettere in dubbio alcuni passaggi del colloquio tra il Principe di Salina ed il Cavaliere Chevalley di Monterzuolo, segretario della Prefettura di Girgenti.

Il Principe tenta di spiegare a Chevalley la specificità dei Siciliani “In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di fare…Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portare loro i più bei regali …. Le novità ci attraggono soltanto quando le sentiamo defunte …”. Il Cavaliere Chevalley tenta di lenire l’amarezza ed il realismo disarmante del Principe “ …. Il clima si vince, il ricordo dei cattivi governi si cancella, i Siciliani vorranno migliorare; se gli uomini onesti si ritirano, la strada rimarrà libera alla gente senza scrupoli e senza prospettive, ai Sedàra, e tutto sarà di nuovo come prima, per altri secoli”. Il Principe risponde senza scomporsi “Lei ha ragione in tutto; si è sbagliato soltanto quando ha detto “ i Siciliani vorranno migliorare …. I Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria … Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”.

 

Ci sono risorse, energie, donne e uomini disposti a scrivere una storia diversa da quella richiamata da Don Fabrizio “il Principe di Salina”?

 

E’ molto difficile cambiare le abitudini consolidate di un popolo, modificare il malcostume, allontanare le tentazioni dello stato di inedia/accidia, rieducare alla cultura della legalità e del lavoro, dei doveri e non solo dei diritti un popolo che ha nel Suo DNA la ricerca di un padrone, di un dominus cui affidare la propria libertà, i propri diritti in cambio di licenze sul piano dei doveri, di reciprocità ed illegalità condivise. Per cambiare questo stato di cose non basta la determinazione, la voglia di fare, occorre armarsi con la spada e con lo scudo, occorre fare battaglie senza sacrificare comunque il garbo, lo stile, ciò che la cultura ci ha dato, senza dimenticare che

“Natura semina scientiae nobis  dedit, scientiam non dedit”.

 

Tra qualche giorno TPW illustrerà le sezioni del Suo blog e le relative finalità.

Tutti siete invitati ad inviare i Vs. contributi, TPW sarà molto felice di pubblicarli e diffonderli.

 

 

Terme Vigliatore, 1 Gennaio 2008

The Polite Warrior

che è Adolfo Parmaliana

che si dedica a questo blog

quando il Suo lavoro

ed i Suoi impegni familiari glielo consentono

 

UtenteAutore : Adolfo Parmaliana         Stampa Documento Stampa Articolo

 

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